Il nostro collegio desidera partecipare. No, non una partecipazione asettica, istituzionale, vana. Una partecipazione intima a quella che è una proposta di collaborazione, una mano tesa verso di noi.
La Chiesa ha bisogno di noi, dei nostri suggerimenti, delle nostre competenze e delle nostre critiche. Desidera conoscere ciò che il nostro cuore profetizza sulla fede e sulla vita perché come ci suggerisce Gioele: «Io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo e diventeranno profeti i vostri figli e le vostre figlie»; questo intendeva San Benedetto quando intimava agli abati di consultare sempre i più giovani prima di prendere decisioni rilevanti.
Ognuna di noi si impegna in differenti modi, a seconda del suo tempo e delle sue energie.
Ci piacerebbe realizzare una mostra, un’esposizione di quello che la nostra fatica e la nostra fantasia hanno fruttato in questi mesi. Sarà forse pronta ad aprile, ma non si esaurirà perché l’autentico percorso che compiremo, con le sue speranze e le sue difficoltà, sarà visibile nella sua totalità solo a noi stesse: ci aiuterà a vivere e a capire. Vivere non è sufficiente. Comprendere la storia in cui siamo immerse, saperla trascendere ma anche riuscire a incarnarla, perché abbiamo bisogno di tutto, dello sguardo obiettivo e disincantato così come dell’emotività e dell’interiorità ermetica.
Poesia e prosa, criticità e approvazione, rabbia e ammirazione, la Chiesa domanda umilmente il nostro contributo e se sapremo vicendevolmente confrontarci senza pregiudizi forse contribuiremo a un mondo più responsabile e più gioioso. Perché alla fine tutto questo non è nulla se non invoca un dialogo costante con l’ampiezza del desiderio e, in ultima istanza, con la realizzazione della felicità.
Aurora Ghiroldi